Chi attraversa la Via Giuseppe Zuddas a Monserrato, si chiederà, pensando al nome della via, chi sarà costui? E i più giovani non avranno trovato risposta ai loro interrogativi. Giuseppe Zuddas era monserratino, abitava nell’isolato tra via 31 Marzo 1943, l’attuale via G. Zuddas e via Deroma, dove un tempo vi era un asilo e successivamente la caserma dei Carabinieri. Giuseppe Zuddas incarnava tutti i caratteri del monserratino: fierezza, coraggio, intransigenza.
Era un irriducibile antifascista, apparteneva a quei monserratini sardisti che, a causa della dittatura fascista, erano costretti a nascondere le tessere del PSd’Az sotto le mattonelle. Già negli anni trenta Monserrato annoverava tra gli antifascisti diversi sorvegliati speciali e qualche confinato. Quando la repressione fascista si fece più dura, Zuddas andò esule in Francia e si unì al resto degli antifascisti.
In Francia, consolidò i legami di fraterna amicizia con Emilio Lussu. Il suo nome di battaglia era “Resy”. Cosi lo descrive Giuseppe Fiori nel libro “Il cavaliere dei rossomori”: “Al fianco degli antifascisti fa umilmente la sua parte un uomo di condizione sociale e cultura ben diversa, “Resy” o il “sardo di Pantin” come qui chiamano Giuseppe Zuddas, trentacinque anni, da nove in Francia.
E’ di un sobborgo di Cagliari, Monserrato, da ragazzo lavorava in vigna. E’ stato sino al ’24 presidente regionale della gioventù sardista. Venuto a Parigi in quell’anno, ora gestisce un bar.
Alto, magro, dai lineamenti tormentati come se una tempesta avesse devastato il suo viso. Ha l’aria di un meticcio piovuto da lontananze australi, la pelle color oliva, capelli e sopracciglia d’un nero catrame in faccia cavallina, lunga, la bocca piccola, le labbra sottili. Disponibile in ogni circostanza, sa più fare che dire”. “No, Resy non era un oratore”, annoterà con garbo un suo amico, “La parola gli usciva dal labbro stentata, martellante, strumento inadeguato ad esprimere la grande passione interiore.”.
Quando il generale Franco, con un colpo di stato, occupò militarmente la Spagna, gli antifascisti di tutto il mondo accorsero per sostenere il governo legittimo e si mobilitarono anche le formazioni democratiche e partigiane italiane. Tra queste “Giustizia e Libertà”, la formazione nella quale militava Giuseppe Zuddas. Si offrì da subito come volontario per difendere la democrazia in Spagna. Morirà di lì a poco a Monte Pelato. “La resistenza dura cinque ore. Fa un caldo torrido, il campo è senza alberi, neanche un ciuffo d’erba, il sole schianta. Gli assedianti sono presi da stanchezza… il fuoco degli assalitori già languiva. I forti difensori della trincea già si credevano al sicuro. Sostarono un attimo nell’ardua fatica. Zuddas si faceva l’ultima sigaretta.
Un compagno scrutava lontano i movimenti dei nemici. Sente un sospiro profondo. Si volta. Zuddas è spento”.
Ai giovani: non dimenticate mai che la pace e la democrazia non ci sono state regalate, ma sono costate lutti e rovine. La loro conquista va ad onore e merito di chi, come Zuddas e con lui tanti altri uomini liberi, non si è piegato al giogo dei tiranni.
Orazio Argiolas