Giornata della Memoria

Monserrato - Trova ottimi posti in cui soggiornare, mangiare, fare acquisti o visitare dai nostri partner ed esperti locali.
7 minuti di lettura
lascia un commento

GIORNATA DELLA MEMORIA

Nei Quaderni Monserratini n. 3 ho dedicato il 13° capitolo alla Memoria di deportati monserratini nei campi di concentramento tedeschi (1943-45).

Nel 2010, quando ero sindaco di Monserrato ricevetti una lettera del Prof. Aldo Borghesi che allora era il Direttore dell’Istituto Sardo Studi della Resistenza e dell’Autonomia e stava lavorando alla ricostruzione delle schede dei Deportati sardi nei Lager nazisti per contribuire alla costruzione dell’Archivio della memoria di quelli che nei campi di concentramento tedeschi sono morti.

Con la lettera il Prof. Borghesi mi aveva trasmesso i nomi e le schede di 5 deportati di Monserrato con le relative date di nascita e luogo di deportazione e internamento. Avevo completato e integrato quelle schede con tutti i dati anagrafici e con altre informazioni che avevo attinto dalle famiglie dei deportati e da ulteriori ricerche da me svolte.

 

Antonio Stara.

Come ho rilevato all’anagrafe del Comune, era nato a Monserrato il 29.05.1901. La sua nascita è denunciata dal padre Giommaria Stara, di anni 37, ed è avvenuta nella casa di Via Vittorio Emanuele (l’attuale Via Tito). La madre si chiamava Sollai Vittoria. A lato della pagina in cui figura l’atto di nascita c’è una annotazione in cui è scritto che “Stara Antonio si è sposato con Geremia Cannavera nel 1923 e che è morto in Francia, a Fontoy il 4.09.1968.

Antonio Stara compariva nelle schede dell’OVRA (la polizia politica fascista) come “bracciante monserratino, comunista, riparato in Francia”.  Dalle note sulla sua deportazione risulta che è stato deportato a Natzweiler e poi nel lager di Dachau, dove risulta deceduto il 16 aprile del 1945.

Ho dovuto indagare per appurare meglio come sono andate le cose perché nella lettera del Prof. Borghesi si faceva riferimento a due tra i cinque deportati che venivano indicati come “liberati”. In effetti, come si vedrà dalla lettura della prossima scheda di Stara Cesello, il deportato “liberato” è uno solo. Non escludevo pertanto, sulla base della notazione dello stato civile che lo dava deceduto in Francia nel 1968, che Antonio Stara fosse uno dei due deportati liberati, anche se nella specificazione lo indicano come morto nella data che ho richiamato.

Un suo nipote Cannavera, anziano abitante a Monserrato, mi ha confermato che lui è stato si un deportato in Germania, ma che è morto in Francia a fine anni ’60 e che invece suo fratello Cesello Stara è morto in un campo di sterminio in Germania. Faccio una verifica all’anagrafe di Monserrato e ho conferma che Antonio Stara è morto in Francia nel 1968.

 

Stara Cesello

È nato il 3.04.1897 a Monserrato. Deportato a Natzweiler e successivamente nel lager di Dachau, dove è morto il 25 febbraio del 1945.

Ho rilevato all’anagrafe del Comune che Cesello Stara è fratello di Antonio essendo figlio di Giommaria Stara e di Sollai Vittoria ed abitante in Via Vittorio Emanuele (attuale via Tito). Non risulta sposato e non risulta la sua morte nel registro delle morti del 1945 del Comune di Monserrato, nella parte del registro dei morti fuori Monserrato. Come scritto nel riferimento al fratello Antonio, a seguito della testimonianza del nipote Cannavera di Antonio, si può confermare che Cesello Stara è morto a Dachau.

 

Cogoni Salvatore, nato a Monserrato il 18.02.1897, è figlio di Pietro Cogoni di anni 34, fu Salvatore e di Locci Efisia, è nato in Via Pio IX e il 23.11.1921 si è sposato con Spanu Efisia. Risulta deportato nel lager di Dachau e risulta che è stato liberato. Ma da una più recente indagine da me svolta nel sito www.dimenticatidistato.it ho appreso che Salvatore Cogoni, internato a Dachau, era stato si liberato, ma è morto tre mesi dopo, il 12 luglio del 1945 subito dopo la liberazione del Lager nazista ed è sepolto nel Cimitero Militare Italiano d’Onore di Monaco di Baviera -Tomba riquadro 5, fila 22, Tomba 19.5.6. Non so se ci sono suoi discendenti o se c’è qualche parente di Monserrato.

 

Pibiri Luigi (Monserrato 1912- Newengamme 1945)

E’ nato a Monserrato il 20 settembre del 1912, il nome completo è Luigi Antonio ed è figlio di Sisinnio Pibiri e Scalas Raffaela.  Agli atti del Comune di Monserrato risulta nel 1961 una sentenza di “morte presunta” del Tribunale e la sua morte avvenuta a Gaeta il 30.09.1943.

Nella nota inviatami dal Prof.  Aldo Borghesi risulta invece che: “La storia di Pibiri è, ahimè, di assai più tragica semplicità. Viene deportato da Peschiera del Garda a Dachau il 22 settembre 1943, con il primo grande trasporto dall’Italia, composto da 1874 fra detenuti e guardie del Carcere Militare di Peschiera.

Non so a quale categoria appartenesse, ma i detenuti sardi deportati da lì sono una cinquantina; per lo più sfollati su Peschiera da Gaeta, dove erano finiti dopo una condanna emessa da un Tribunale militare, in Sardegna o fuori, spesso per motivi davvero di scarsa consistenza come rifiuto d’obbedienza, o insubordinazione con vie di fatto, o ritardi nel rientro da licenze, talvolta anche per cose più gravi.

Arrivati a Dachau solo in parte si fermano lì. Dachau funziona per loro (e funzionerà in seguito per parecchi deportati dall’Italia) come una sorta di campo di smistamento verso altri lager: molti del trasporto di Peschiera vanno a Buchenwald, a Dora, qualcuno finisce nei KZ della Polonia. Luigi Pibiri nel giro di un mese viene trasferito a Neuengamme, vicino a Brema, un postaccio infame persino se raffrontato con gli altri della medesima categoria, dove l’attività principale dei deportati era scavare fossati nel fango.

Di sardi a Neuengamme ne vanno cinque, tre sicuramente vi muoiono, di nessuno si ha conferma che sia arrivato vivo alla Liberazione”.

Questa è la storia della deportazione di Luigi Pibiri. In un atto di una ricerca anagrafico -genealogica fatta da un nipote di Luigi Pibiri, Gianpiero Schinardi ed in mio possesso poiché in quell’albero genealogico ci sono anche miei antenati Pibiri, è scritto che Luigi Pibiri “è morto il 22 maggio del 1945 – disperso in guerra”.

La stessa scritta “morto il 22 maggio 1945 – disperso in guerra” compare anche, insieme ad una sua foto in divisa da soldato nella tomba di famiglia del padre Sisinnio e della madre Raffaella Scalas, con l’aggiunta che è sepolto nel Cimitero d’onore italiano di Ojendorf (Amburgo).

La cognata Assuntina Massa, vedova del fratello di Luigi, Giovanni, e scomparsa alcuni mesi fa, mi aveva detto che solo nel 1994 la famiglia è venuta a conoscenza casualmente che Luigi Pibiri era sepolto in un cimitero italiano in Germania e così il marito Giovanni Pibiri con il figlio Pasquino si sono recati al Cimitero italiano di Ojerdorf (Amburgo) dove hanno visto e fotografato la tomba di Luigi Pibiri e al ritorno avevano inserito la nuova dicitura aggiornata nella tomba di famiglia.

Perciòi Luigi Pibiri era morto nel campo di concentramento di Neuengamme e da Gaeta era stato trasferito il 22 settembre verso Dachau.

 

Sini Virgilio (Monserrato 1898- Dachau 1945)

Nella scheda trasmessami dal Prof. Aldo Borghesi risulta nato a Monserrato il 19 giugno del 1898, ed io ho trovato conferma all’anagrafe che è nato in quella data nella casa di via Palestro (l’attuale Via Adriano, tra la via Giulio Cesare e Via Nerva) ed è il figlio secondogenito di Eugenio Sini e Maria Rita Pibiri. E’ celibe. Virgilio Sini è il fratello di mio nonno Giustiniano Sini, che era il primogenito. Virgilio Sini è anche cugino di Sisinnio Pibiri, padre di Luigi Pibiri di cui abbiamo scritto prima. La nostra famiglia aveva sempre saputo che Virgilio era morto in un campo di concentramento italiano vicino a Trieste, forse la famigerata Risiera di San Sabba.

Invece il Prof. Aldo Borghesi a questa mia precisazione annota:

“Virginio Sini risulta deportato da Trieste a Dachau, dove arriva il 17 novembre 1944. Gli restano pochi mesi da trascorrere prima della fine della guerra, ma non ce la fa e muore anzi abbastanza presto, il 3 gennaio 1945. Era anche relativamente anziano rispetto all’età media dei deportati politici, lui ha 46 anni! Ma la maggior parte ne avevano fra 20 e 30.

Penso abbia fondamento la tradizione familiare che lo vuole internato in un campo italiano: i trasporti da Trieste si formavano infatti, quasi tutti, dalla Risiera di San Sabba, che funzionava non solo da campo di sterminio ma anche come campo di formazione dei convogli per i KZ tedeschi: molti ne sono partiti direttamente per Auschwitz, mettendo spesso insieme deportati razziali e politici.

Il fatto di essere deportato da Trieste potrebbe significare che è stato arrestato in Friuli, o in Venezia Giulia, o in Istria, o da qualche parte della ex Jugoslavia (gli arrestati in Italia destinati alla deportazione in KZ non passavano di regola da Trieste, ma da Fossoli di Carpi fino all’inizio di agosto 1944, e da Bolzano -Gries successivamente). 

In quella zona gli emigrati sardi non erano particolarmente numerosi, ma ci sono comunque casi di sardi che lavoravano nelle industrie, p.es. nei cantieri navali di Monfalcone. Il caso più frequente è quello di militari in SPE passati alla Resistenza; o anche di soldati delle Forze Armate Regie sbandatisi dopo l’8 settembre in zona o nei Balcani che si sono uniti a formazioni partigiane italiane o jugoslave. Anche qui, i casi di sardi non sono pochi”. 

Virgilio Sini nel Lager di Dacau aveva il numero di matricola 126512 ed era classificato con il triangolo rosso come SCHUTZ.

 

Condiviso da Marco Sini